Mi sento un Teddy Boy

Teddy Boy è il videogame i miei genitori regalarono a me e mia sorella in un’epifania di tanti anni fa insieme alla consolle Sega Master System.
Qualche giorno fa ho scoperto un emulatore e ho iniziato a giocare, come tanto tempo fa…


Proprio come qualche tempo fa no, allora ero bravo, adesso ho decisamente perso la mano.
Guido il Teddy Boy tra i suoi labirinti ad uccidere mostri colorati con la sua microgun, ma inevitabilmente arriva sempre qualche mostriciattolo che i coglie disattento e mi fa fuori…

Per me Teddy Boy è molto più che uno videogame.
E’ un ricordo di famiglia: ho passato davvero dello ore davanti a alla TV con il control pad in mano ad uccidere mostri. Insieme a me mia sorella e mio padre. Mamma faceva il tifo e Giacomo era troppo piccolo (o forse non era ancora nato?) per giocare.
E’ un’ossessione: mai nessuno, a memoria d’uomo, è riuscito a finire il gioco. Nonostante avessi superato oltre 20 labirinti il gioco continuava a propormene altri e poi altri, senza alcuna fine apparente.

Ora grazie alle note dell’emulatore ho scoperto che esistono 3 versioni di Teddy Boy, l’originale giapponese Teddy Boy Blues che per motivi di copyright fu importata in Europa con qualche cambiamento, specialmente nella colonna sonora, come Teddy Boy e la versione brasiliana Gheraldinho in cui si hanno 5 vite a disposizione anziché 3 delle altre versioni.

Ma soprattutto ho scoperto che i labirinti a disposizione sono 50. E che c’è un modo per iniziare la partita da dove si è interrotta la precedente senza dover per forza ricominciare da capo.
Ora il dilemma. Affrontare il gioco da uomo a computer, con onestà, e arrivare, in qualche anno di duro allenamento, a scoprire e vincere l’ultimo labirinto o approfittare spudoratamente dell’occasione per arrivare fino in fondo e soddisfare una curiosità che mi porto dietro da anni senza troppa fatica?

Si accettano consigli…


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