Il cacciatore di teste

È un film che fa star male.
Non andatelo a vedere se siete un po’ giù di morale, potrebbe essere il colpo di grazia.
In realtà il film è molto bello. Io sono rimasto con il fito sospeso (ed il magone) fino alle scene finali.
Il fine giustifica i mezzi? È questo l’interrogativo che percorre tutto il film.


Mai, tranne che in guerra“. È la risposta data dal figlio del protagonista. E non è un caso che l’arma usata per la maggior parte degli omicidi sia un residuato della seconda guerra mondiale.
Oggi siamo in guerra. La guerra per mantenere o recuperare il nostro posto di lavoro. Non un posto di lavoro, il proprio posto di lavoro, quello per cui si ha studiato, ci si è tanto impegnati, ci si è dedicata tutta la vita.
Quella dei disoccupati è quindi una guerra per la sopravvivenza o una guerra per mantenere i propri privilegi, i propri piccoli lussi?
Difficile dirlo. Probabilmente entrambe le cose.

Eppure la soluzione è così semplice che sembra banale. Mettere l’uomo al centro. Nel film viene ripetuto fino alla noia, ma a farlo sono le persone peggiori, quelle che non ci penserebbero due volte ad uccidere per il proprio tornaconto.
Dovremmo farlo davvero, non limitarci a ripeterlo…

La scheda del film

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