Ma di cosa dovrei preoccuparmi?

Ha fatto il giro del mondo la notizia che negli autobus di Londra è apparsa la scritta: “There’s probably no God. Now stop worrying and enjoy your life” (“Probabilmente non c’è alcun Dio. Ora smettila di preoccuparti e goditi la vita”).
Si tratta di una frase profondamente epicurea: non potevo quindi lasciarmi sfuggire l’occasione di fare qualche riflessione.

Al tempo di Epicuro gli dei petendevano sacrifici, anche gravosi, per offrire in cambio la loro benevolenza. Il poeta epicureo Lucrezio racconta addirittura di sacrifici umani perpetrati per placare l’ira degli dei.
In questo contesto la frase che viaggia per Londra sui caratteristici autobus rossi è decisamente epicurea.

Epicuro diceva che non vi è dubbio sull’esistenza degli dei, ma che questi non sono come li immaginano i più:

“Gli dei esistono, è evidente a tutti, ma non sono come crede la gente comune, la quale è portata a tradire sempre la nozione innata che ne ha. Perciò non è irreligioso chi rifiuta la religione popolare, ma colui che i giudizi del popolo attribuisce alla divinità. Tali giudizi, che non ascoltano le nozioni ancestrali, innate, sono opinioni false. A seconda di come si pensa che gli dei siano, possono venire da loro le più grandi sofferenze come i beni più splendidi”.

E la storia, dopo 2.300 anni, ha dato ragione ad Epicuro.
Oggi la religione non chiede più sacrifici, non insegna ad avere paura degli dei. Piuttosto è un sostegno interiore, una fonte di gioia.

A ben guardare anche nel cristianesimo qualche motivo per temere Dio ci sarebbe, pensiamo ad esempio a questo brano del Vangelo:

“Il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi. Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti? Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me. Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli. Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere; ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato. Anch’essi allora risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo assistito? Ma egli risponderà: In verità vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l’avete fatto a me. E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna».”

Ma anche qui non ci vedo nulla di illogico. Non vedo preoccupazioni insensate basate su superstizioni che spingono a compiere gesti autolesionisti nella speranza di un contraccambio da parte del divino.
Vedo solo un invito, pressante, ad amare il prossimo, a sostenere altri uomini.

Il messaggio che leggiamo sugli autobus londinesi sembrerebbe quindi edonistico, niente di più di un appello a pensare solo a se stessi. Eppure sono certo che non è questa l’intenzione dei promotori dell’iniziativa. Tanto è vero che in Italia la stessa campagna ha utilizzato un messaggio ben diverso: “La cattiva notizia è che Dio non esite. Quella buona è che non ne hai bisogno”.

Il problema è che la religione da un’immagine di se assolutamente sbagliata, spesso bigotta ed oscurantista. La religione spesso assomiglia ad un ammasso di regole, ad un libretto di istruzioni per raggiungere il paradiso, disconoscendo anche quello che c’è di buono in questa vita.
Ovviamente non è così, ma tanti lo pensano.
Aveva quindi ragione Epicuro:

“Gli dei esistono, è evidente a tutti, ma non sono come crede la gente comune, la quale è portata a tradire sempre la nozione innata che ne ha. Perciò non è irreligioso chi rifiuta la religione popolare, ma colui che i giudizi del popolo attribuisce alla divinità. Tali giudizi, che non ascoltano le nozioni ancestrali, innate, sono opinioni false. A seconda di come si pensa che gli dei siano, possono venire da loro le più grandi sofferenze come i beni più splendidi”.

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